Riccardo II

Il Riccardo II dà inizio alla seconda tetralogia di Shakespeare la quale, composta tra il 1594 e il 1599, si riferisce agli anni che hanno preceduto la guerra delle due rose (1455-1485). Si tratta di un lungo prequel in cui Shakespeare, ripercorrendo gli eventi che a partire dalla fine del XIV secolo hanno portato alla guerra civile, vede riconosciuto il suo successo come drammaturgo. Lontano dalla patria nasce l’ascesa irresistibile di Bolingbroke che usurperà il regno a Riccardo II e sarà incoronato come Enrico IV. Bolingbroke ha di particolare che non manifesta mai le sue intenzioni, secondo un aspetto essenziale del politico: dissimulare sempre, non rendere palesi i moti del proprio animo, nemmeno a se stessi se possibile. E questo disconoscere i propri atti gli è talmente connaturato che, anche dopo l’uccisione di Riccardo II, rivoltosi al sicario, egli esclama che «Con la tua mano assassina hai perpetrato un delitto obbrobrioso per te e per questa terra famosa» – nonostante lui stesso avesse dato l’ordine di esecuzione. Sicché egli può concludere che «non amano il veleno coloro che del veleno hanno bisogno (…) sebbene lo desiderassi morto, odio l’assassino, amo lui assassinato (…) la mia anima è piena di dolore per il sangue che ha innaffiato la mia crescita». (V.5). La responsabilità è negata in modo ostinato, pervicace, così come quando Enrico IV riconosce che «Fu la necessità politica a piegarmi costringendomi ad abbracciare il potere» (2 Enrico IV, III.1) affermazione che mostra anche come la politica abbia delle leggi che non consentono margini di manovra discrezionali all’individuo. Riccardo II viene deposto, profetizza che coloro che lo hanno deposto saranno a loro volta disprezzati dal nuovo Re, e in questo riflette il pensiero di Machiavelli. Machiavelli, nel capitolo 18 del Principe, afferma che bisogna «essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici li uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare». Anche in questo Shakespeare mette in pratica il consiglio di Machiavelli secondo cui ad un principe non è necessario avere tutte le buone qualità ma è bene necessario parere di averle: «Debbe adunque avere un principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle sovrascritte cinque qualità e paia ad udirlo e vederlo, tutto pietà, tutto fede, tutto umanità, tutto religione. E non è cosa più necessaria ad parere di avere, che questa ultima qualità».1 All’epoca non era disponibile nessuna traduzione in inglese delle opere di Machiavelli, Il Principe e i Discorsi erano disponibili in italiano, francese e latino durante il XVI secolo, lingue non conosciute da Shakesper. La conoscenza di Shakespeare di Machiavelli è stata spesso spiegata attraverso John Florio, che ha agito come traduttore delle opere di Machiavelli per Shakespeare o come suo tutore personale. Secondo lo storico Alessandro Barbero però John Florio e Shakesper non si sono mai incontrati.2 John Florio aveva tutta l'opera di Machiavelli nella sua biblioteca privata di 340 libri. Lo stesso non si può dire per Shakesper che al testamento non lasciò nessun libro, neanche una Bibbia.

[1]https://ritirifilosofici.it/la-politica-larte-di-dissimulare-e-di-non-discordar-coi-tempi/
[2]Hugh Grady, Shakespeare, Machiavelli, and Montaigne Power and Subjectivity from Richard II to Hamlet, Oxford, 2002.